giovedì 9 ottobre 2008

Il decreto salva-crisi italiano

Il Consiglio dei Ministri si è finalmente deciso e vara un decreto salva-crisi dopo una riunione serale tenutasi l'8 ottobre 2008 (d'altronde, in Europa solo il Governo italiano non si era ancora mosso in tal senso).
L' articolo 4 del provvedimento stabilisce che «a integrazione e in aggiunta agli interventi dei sistemi di garanzia dei depositanti istituiti e riconosciuti» dal Testo unico in materia bancaria e creditizia (il fondo interbancario alimentato dalle banche copre già fino a 103.000 euro per depositante), «il ministero dell'Economia è autorizzato a rilasciare la garanzia statale a favore dei depositanti delle banche italiane per un periodo di 36 mesi dalla entrata in vigore del presente decreto-legge».
L' articolo 2 dello stesso decreto stabilisce che «in presenza di una situazione di grave crisi di banche italiane, anche di liquidità, che possa recare pregiudizio alla stabilità del sistema finanziario, si applica» la procedura di amministrazione straordinaria prevista dal Testo unico in materia bancaria e creditizia.
Inoltre, «solo se necessario» e «temporaneo», è previsto l' ingresso dello Stato nel capitale delle banche che hanno bisogno di rafforzarsi patrimonialmente ma che non hanno avuto successo ricorrendo agli azionisti e al mercato: un intervento della mano pubblica che avverrà attraverso la sottoscrizione di azioni privilegiate senza diritto di voto e senza alcun intento di «nazionalizzazione».

Il Governo, insomma, si è limitato ad una serie di impegni tutti in seconda battuta, perché come sostiene il ministro dell'Economia Giulio Tremonti il sistema bancario italiano, a differenza di quello di molti altri Stati europei, è «sufficientemente patrimonializzato e liquido» e «le banche italiane sono forti e solide e si badano da sole».
Nulla viene detto, poi, sulle somme destinate all' attuazione del provvedimento (anche se gli esperti parlano di 5-10 miliardi di euro), ma che sicuramente saranno inferiore rispetto ai fondi stanziati dagli altri Governi europei, come quello britannico che ha previsto già 50 miliardi.
Non c'è da dimenticare, in tutto questo, le stime sui nostri conti pubblici, che saranno gravati da un rapporto debito/Pil in risalita dall'anno prossimo, senza considerare interventi sulle banche.
Insomma, la situazione che ci aspetta non è per niente rose e fiori e il nostro Presidente del Consiglio avrà delle belle gatte da pelare.

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