L' 8 novembre 1987 si svolsero tre referendum sul nucleare: la maggioranza degli italiani che andò alle urne votò per il "Sì", abrogando una serie di norme e orientando le successive scelte dell' Italia, in ambito energetico, verso una direzione di sfavore nei confronti del nucleare.
Pertanto, con il referendum abrogativo del 1987 è stato "di fatto" sancito l'abbandono da parte dell' Italia del ricorso al nucleare come forma di approvvigionamento energetico e di lì a poco le quattro centrali nucleari in Italia furono chiuse.
Resta ancora da effettuare il totale smantellamento, la rimozione e la decontaminazione (operazioni definite di "decommissioning") di strutture e componenti degli impianti nucleari in Italia.
Sia delle centrali nucleari ex-Enel: Trino Vercellese (Vercelli), Caorso (Piacenza), Latina, Garigliano (Caserta), sia degli impianti del ciclo del combustibile ex-Enea: EUREX di Saluggia (Vercelli), FN-Fabbricazioni Nucleari di Bosco Marengo (Alessandria), OPEC in Casaccia (Roma), Plutonio in Casaccia (Roma), ITREC in Trisaia - Rotondella (Matera).
Nonostante siano passati tanti anni, i rifiuti radioattivi ancora oggi sono custoditi non in condizione di massima sicurezza in più località (generalmente nei pressi delle vecchie centrali nucleari) ed il problema della sistemazione definitiva di tutto il materiale radioattivo e degli alti costi relativi al loro smaltimento è ancora da risolvere. Il governo ha attualmente affidato questo compito alla Sogin.
In questi giorni, si dibatte su una questione di non lieve importanza: la reintroduzione del nucleare in Italia. Il governo italiano ha, infatti, confermato l'inizio della costruzione delle nuove centrali entro il 2013.
L' economista americano Jeremy Rifkin, esperto di questioni energetiche, ha detto la sua su questa vicenda, in un' intervista condotta dal giornalista RICCARDO STAGLIANÒ: "...quella atomica è una strada sbagliata, di retroguardia....".
"....inanzitutto perchè l'uranio, come il petrolio, presto imboccherà la sua parabola discendente: ce ne sarà di meno e costerà di più. Stando agli studi dell'agenzia internazionale per l'energia atomica l'uranio comincerà a scarseggiare dal 2025-2035. Come il petrolio, sta per raggiungere il suo peak (picco). I prezzi, quindi, andranno presto su. Ciò si ripercuoterà sui costi per produrre energia togliendo ulteriori argomenti a questo malpensato progetto. Si potrebbe puntare sul plutonio. Ma con quello è più facile costruire bombe...".
"...poi c'è il problema dello smaltimento delle scorie, drammaticamente aperto anche negli Stati Uniti dove lo studiano da anni. Infatti, gli Stati Uniti hanno straordinari scienziati e hanno investito 8 miliardi di dollari in 18 anni per stoccare i residui all'interno delle montagne Yucca dove avrebbero dovuto restare al sicuro per quasi 10 mila anni. Bene, hanno già cominciato a contaminare l'area nonostante i calcoli, i fondi e i super-ingegneri. Davvero l'Italia crede di poter far meglio di noi? L'esperienza di Napoli non autorizza troppo ottimismo. E questa volta i rifiuti sarebbero nucleari, con conseguenze inimmaginabili....".Altro problema che l'economista americano evidenzia è che "Il nucleare è un'energia con basse probabilità di incidente, ma ad alto rischio. Ovvero: non succede quasi mai niente di brutto, ma se qualcosa va storto può essere una catastrofe. Come Chernobyl.
I sostenitori del nucleare dicono che il nucleare è pulito, non produce diossido di carbonio, quindi contribuirà a risolvere il cambiamento climatico. Un ragionamento che non torna se solo si guarda allo scenario globale. Oggi sono in funzione nel mondo 439 centrali nucleari e producono circa il 5% dell'energia totale. Nei prossimi 20 anni molte di queste centrali andranno rimpiazzate. E nessuno dei top manager del settore energetico crede che lo saranno in una misura maggiore della metà. Ma anche se lo fossero tutte si tratterebbe di un risparmio del 5%. Ora, per avere un qualche impatto nel ridurre il riscaldamento del pianeta, si dovrebbe ridurre del 20% il Co2, un risultato che certo non può venire da qui. Perché il passaggio al nucleare avesse un impatto sull'ambiente bisognerebbe costruire 3 centrali ogni 30 giorni per i prossimi 60 anni. Così facendo fornirebbe il 20% di energia totale, la soglia critica che comincia a fare una differenza. C'è qualcuno sano di mente che pensa che si potrebbe procedere a questo ritmo? La Cina ha ordinato 44 nuove centrali nei prossimi 40 anni per raddoppiare la sua potenza produttiva. Ma si avvia ad essere il principale consumatore di energia...".
"...altro problema è che non c'è abbastanza acqua nel mondo per gestire impianti nucleari. Temo che non sia noto a tutti che circa il 40% dell'acqua potabile francese serve a raffreddare i reattori. L'estate di cinque anni fa, quando molti anziani morirono per il caldo, uno dei danni collaterali che passarono sotto silenzio fu che scarseggiò l'acqua per raffreddare gli impianti. Come conseguenza fu ridotta l'erogazione di energia elettrica. E morirono ancora più anziani per mancanza di aria condizionata. Se questi sono i dati, che uso ne fa la politica? Posso sostenere un dibattito con qualsiasi statista sulla base di questi numeri e dimostrargli che sono giusti, inoppugnabili. Ma la politica a volte segue altre strade rispetto alla razionalità. E questo discorso, anche in Italia, è inquinato da considerazioni ideologiche. Infatti, direi che ci sono modelli energetici élitari e altri democratici. Il nucleare è centralizzato, dall'alto in basso, appartiene al XX secolo, all'epoca del carbone. Servono grossi investimenti iniziali e altrettanti di tipo geopolitico per difenderlo. Il modello democratico, invece, è quello che io chiamo la "terza rivoluzione industriale". Un sistema distribuito, dal basso verso l'alto, in cui ognuno si produce la propria energia rinnovabile e la scambia con gli altri attraverso "reti intelligenti" come oggi produce e condivide l'informazione, tramite internet. Tale modello è applicabile anche in Italia, anzi voi siete messi meglio di tutti: avete il sole dappertutto, il vento in molte località, in Toscana c'è anche il geotermico, in Trentino si possono sfruttare le biomasse. Eppure, con tutto questo ben di dio, siete indietro rispetto a Germania, Scandinavia e Spagna per quel che riguarda le rinnovabili...".
"Per effettuare questa transizione bisogna cominciare a costruire abitazioni che abbiano al loro interno le tecnologie per produrre energie rinnovabili, come il fotovoltaico. Non è un'opzione, ma un obbligo comunitario quello di arrivare al 20%: voi da dove avete cominciato? Oggi il settore delle costruzioni è il primo fattore di riscaldamento del pianeta, domani potrebbe diventare parte della soluzione. Poi serviranno batterie a idrogeno per immagazzinare questa energia. E una rete intelligente per distribuirla".
Oltre che motivi etici, sembrano esserci anche motivi economici molto convincenti: "In Spagna, che sta procedendo molto rapidamente verso le rinnovabili, alcune nuove compagnie hanno fatto un sacco di soldi proprio realizzando soluzioni "verdi". Il nucleare, invece, è una tecnologia matura e non creerà nessun posto di lavoro. Le energie alternative potrebbero produrne migliaia".
Il giornalista afferma allora: "A questo punto solo un pazzo potrebbe scegliere un'altra strada. Eppure non è solo Roma ad aver riconsiderato il nucleare. Perché?"
Risponde Rifkin: "Credo che abbia molto a che fare con un gap generazionale. E ve lo dice uno che ha 63 anni. I vecchi politici, cresciuti con la sindrome del controllo, si sentono più a loro agio in un mondo in cui anche l'energia è somministrata da un'entità superiore".
Termina così l'intervista del giornalista italiano.
Spetta ora agli italiani la scelta!
Io dico "NO AL NUCLEARE"; preferisco avere l'abitazione senza elettricità che lasciare in eredità ai miei figli un paese contaminato da radiazioni e rifiuti tossici.
E poi, dico, che senso ha fare un referendum (anzi tre), se poi il primo coglione che siede al Governo se ne sbatte altamente? Ma chi cazzo è per sostituirsi ai veri sovrani della nazione, cioè il popolo? Manifestiamo per un mondo migliore, facciamolo almeno per i nostri bambini.
martedì 10 giugno 2008
No al nucleare
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mercoledì 30 gennaio 2008
Come calcolare gli anni di una persona attraverso i suoi occhi
Alcuni ricercatori delle università di Copenhagen e Aarhus, in Danimarca, hanno scoperto come calcolare l'anno di nascita di un individuo dai suoi occhi, usando la datazione col metodo del carbonio 14. Il loro esperimento è stato pubblicato su «Plos One». La tecnica potrebbe rivelarsi utile in medicina forense , quando è necessario identificare persone senza un nome.
La lente dell'occhio è formata da proteine trasparenti, che si comportano come dei cristalli, facendo passare la luce in modo da permettere la visione. Dal concepimento fino a 1-2 anni di vita, le cellule presenti nella lente del nostro occhio costruiscono queste proteine, poi il cristallino rimane immutato per il resto della nostra vita. Dalla fine della seconda Guerra mondiale e fino agli anni '60, le superpotenze hanno condotto test nucleari e fatto esplodere bombe nell'atmosfera, modificando così il contenuto dei materiali radioattivi nell'aria, tra cui il C-14. Tali radiazioni hanno lasciato un segno nella catena alimentare e quindi anche nel cristallino degli occhi, che ha assorbito carbonio attraverso il cibo. Partendo da questa considerazione, e dal fatto che il cristallino, che rimane sempre lo stesso, riflette il contenuto di C-14 nell'atmosfera dal momento in cui è stato creato, i ricercatori sono riusciti a calcolare l'anno di nascita tramite un acceleratore nucleare. Una tecnica che potrà essere usata oltre che nelle scienze forensi, anche per capire quando certi tessuti si sono generati e rigenerati, come quelli cancerosi.
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sabato 22 dicembre 2007
«Il Wifi fa male» e a Parigi lo disattivano...
Il Wifi è stato bloccato in 4 biblioteche di Parigi dopo che gli impiegati hanno accusato vomito, vertigini e insonnia.
Un fenomeno in espansione che ha preoccupato il comune di Parigi che ha disattivato il segnale in quattro biblioteche pubbliche. Decisione in linea con quanto già accaduto in Inghilterra, Germania e Canada. Nelle quattro biblioteche gli impiegati hanno cominciato a sentirsi male, soprattutto quelli che lavoravano vicino ai ripetitori WiFi. «Nausea, vertigini, insonnia - spiega Stephen Kerckhove, direttore generale di Agir pour l'Environnement (Ape) - sono sintomi tipici da campo magnetico nocivo».
L'Ape e un'altra associazione hanno imposto una moratoria che la settimana prossima potrebbe estendersi al resto delle biblioteche della Ville Lumière. «Non siamo contro il Wifi a priori - precisa Kerckhove - ma è necessario affrontare scientificamente la questione».
Un anno fa, l'Autorità di regolamentazione delle telecomunicazioni elettroniche (Arcep) aveva definito innocuo il Wifi ad uso domestico. «Il problema - sottolinea Kerckhove - si pone quando il segnale copre zone più vaste». Un primo studio è stato avviato dalla stessa Arcep, ma i risultati saranno noti solo a fine 2008.
In Inghilterra, il Sindacato degli insegnanti ha chiesto la sospensione del segnale nelle scuole, cogliendo l'allarme lanciato da William Stewart, presidente della Health Protection Agency. A giugno, un'inchiesta della Bbc dimostrava che il campo magnetico in un'aula equipaggiata con Wifi era tre volte più potente di quello emesso da un ripetitore Gsm.
In Germania, lo scorso anno, il Wifi è stato vietato in tutte le scuole di Francoforte e la scorsa estate, il governo ha chiesto ai tedeschi di privilegiare l'accesso via cavo.
In Canada, il rettore dell'Università di Lakehead (Ontario) ha cablato con fibre ottiche il campus, disattivando tutte le centraline Wifi, «perché - si legge sul sito dell'ateneo - è provato che le onde elettromagnetiche provocano disturbi comportamentali, ostacolano le funzioni cognitive, favoriscono lo stress, interferiscono con le onde cerebrali».
Insomma, insorgono dei casi che mettono in discussione tale tecnologia sotto il profilo della salute. I primi dati sembrano mostrare abbastanza allarmanti, ma bisognerà attandere ulteriori studi per conoscere la gravità del problema.
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giovedì 22 novembre 2007
Hifu: Ultrasuoni per eliminare il tumore al seno
Cina - Eliminare il tumore senza bisturi, radiazioni o aghi e' l'obiettivo della tecnologia cinese Hifu, che utilizza ultrasuoni. Li focalizza sul tumore generando tanto calore da bruciarne il tessuto e distruggerlo, controllando l'intervento attraverso l'ecografia. In Asia e' stata gia' utilizzata da una quarantina di centri su 10 mila pazienti.
Milano - L'Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) di Milano ha acquisito una di queste macchine per sperimentarne l'applicazione sul carcinoma della mammella. A utilizzarlo saranno Franco Orsi, direttore dell’Unità di radiologia interventistica, e Paolo Arnone, assistente della Divisione di senologia. Arnone è stato anche in Cina per fare pratica e verificare l’efficacia della nuova tecnica. Il principio su cui si basa la tecnica Hifu è quello di produrre onde acustiche (proprio come quelle sonore) ad altissima frequenza (gli ultrasuoni) e convogliarle in un’area precisa, in modo che raggiunto esattamente il bersaglio (punto focale), si trasformano in calore. Il calore è tale da uccidere le cellule tumorali bersaglio.
Il macchinario è molto simile ad una Tac: un lettino, su cui si fa sdraiare il malato, con al centro una piccola vasca con acqua purificata, mezzo di diffusione degli ultrasuoni. Questi sono emessi da un dispositivo chiamato trasduttore, situato al fondo della vasca. Poi, come per un’ecografia, si propagano attraverso la pelle e gli altri tessuti fino a raggiungere in modo estremamente preciso il bersaglio da trattare, vale a dire la zona malata. Solo lì, solo in quel punto e in quel momento, si trasformano in calore, in energia termica, che distrugge le cellule del tumore. Tecnicamente si chiama termoablazione.
Il segreto è nella precisione della mira e della messa a fuoco. Il bersaglio viene identificato, prima del trattamento, con un centraggio ecografico: sempre ultrasuoni ma, questa volta, non ad alta intensità. Lo Ieo dovrà anche, con le competenze occidentali, migliorare il sistema di mira per arrivare a colpire tumori più profondi o situati in zone meno raggiungibili. In futuro, se opportunamente perfezionata, Hifu ha tutte le caratteristiche per sostituire, gradualmente e ove possibile, il bisturi del chirurgo
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giovedì 25 ottobre 2007
Ogm, sì della Commissione Ue a mais e barbabietola biotech
La Commissione europea ha dato il via libera definitivo al commercio del mais transgenico 59122, chiamato anche Herculex Rw, su cui i 27 Stati membri non sono riusciti ad avere né una maggioranza a favore né una contraria. La decisione è rimasta nelle mani della sola Commissione europea, proprio per l'impossibilità del Consiglio dei ministri Ue di trovare sulla questione una posizione comune. Il via libera riguarda anche altri tre alimenti biotech: si tratta della commercializzazione sul mercato europeo di una barbabietola da zucchero geneticamente modificata (l'H7-1) e di altre due mais ibridi biotech (il 1507xnk603 e il 603xmon810).
Complessivamente salgono a quindici i nuovi ogm che sono stati autorizzati nella Ue dal 2004. Tuttavia nessun ogm è stato ancora autorizzato per la coltivazione. Bruxelles deve ancora pronunciarsi sulla coltivazione di una patata transgenica.

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