venerdì 18 gennaio 2008

Il reggae italiano alla conquista della Jamaica

Il trentaduenne Alberto D’Ascola, conosciuto in Italia con lo pseudonimo di Stena, fondatore e vocalist dei Reggae National Tickets, è diventato il nuovo fenomeno musicale della Giamaica. Un nuovo nome d'arte lo contradistingue, Alborosie, che unisce la “Al” di Alberto a “borosie”, il dispregiativo con cui lo hanno chiamato i giamaicani. L'artista è riuscito a sfondare nella patria del reggae, prendendosi una bella soddisfazione personale. Su Youtube, infatti, i suoi video sono gettonatissimi e fra qualche mese uscirà il suo primo album dal titolo “Soul Pirate”. Non è da tutti guadagnare rispetto e considerazione in un ambiente dove la cultura “gangsta” è la sola riconosciuta e le pistole l’unico strumento per farla rispettare.

Alberto, nato a Bergamo (ma il suo sangue è un mix siciliano, calabrese e pugliese) e figlio di un poliziotto vecchio stampo, nel 2001 decise di mollare tutto e di volare dall’altra parte del mondo per fare musica; raggiunta la Jamaica fece di tutto per realizzare il suo sogno: fare reggae; ma all’inizio furono tanti i sacrifici, perché di soldi ne vedeva pochi.

Ma da qualche tempo la storia ha preso tutta un’altra piega. “Al” ha cominciato a realizzare basi per gli altri artisti e a farsi conoscere, prima di decidersi a compiere il grande passo: fare musica da solo. Il singolo “Herbalist” fu un successone, diventando il “7 pollici” (ovvero, il vecchio 45 giri ancora in uso in Giamaica) più venduto in Inghilterra. Non solo. Quando il video viene bandito dalla tv nazionale giamaicana a causa del contenuto (si vedono bambini che vendono “ganja”, marijuana) e di una strofa non propriamente gradita alle autorità (“la polizia ha rubato la mia erba”), il nome di Alborosie comincia a girare e con il secondo singolo, “Kingston Town”, è arrivata la definitiva consacrazione. Come lui stesso ha dichiarato in un' intervista:

«In Giamaica, se un pezzo ha successo significa che ha venduto 4 o 5 mila copie. Io sono arrivato a 12 mila e finora avrò venduto 50 mila dischi in totale».

Niente affatto male per un bianco dai capelli rossi.

«Il colore della mia pelle non è mai stato un problema, sebbene faccia un tipo di musica di un certo gruppo etnico, e non ho mai avuto una sola reazione contraria per il fatto di essere bianco».

Tanti auguri a questo artista che deve essere un esempio per ognuno di noi: ha stretto i denti pur di realizzare il suo sogno, nonostante fosse in una terra lontana e con una cultura diversa (sebbene la sentisse molto sua).

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